giovedì 22 marzo 2018

Il gatto con gli stivali e la Principessa ranocchia. Ovvero il gioco delle apparenze


Due fiabe per sciogliere l'incantesimo che tiene il mondo


Riccardo Dell'Orfano nella fiaba La Principessa ranocchia


A volte le favole insegnano che la vita può essere molto più imprevedibile di quello che immaginiamo, tanto che il mondo sembra architettato come un tortuoso e ingannevole gioco di apparenze. E così le risposte alle nostre esigenze si trovano spesso proprio lì, dove nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Lo sa bene il garzone di quella celebre favola che trova la sua fortuna nel dono più umile di tutti: un gatto con gli stivali all'apparenza inutile anche per acchiappare i topi e invece artista del canto tanto ingegnoso, da trovare la strada per conquistare persino un regno. E lo sa quel principe che, imparando ad ammirare la bontà di una ranocchia, ottiene inaspettatamente la bellezza più grande.
Abbiamo voluto quindi creare uno spettacolo tratto dalle celebri fiabe Il Gatto con gli stivali e La principessa ranocchia, per insegnare a non dare per scontato nulla. Questo perché forse anche i nostri piccoli spettatori un giorno potranno trovare la ricchezza nelle cose a prima vista meno preziose e meno appariscenti, se impareranno a sciogliere il gioco delle apparenze che, come un incantesimo, traveste il mondo.




venerdì 9 marzo 2018

Preadolescenza: maschere, stereotipi e recupero dell'autostima


Rappresentare se stessi sulla scena, per liberarsi dalle maschere della vita




La preadolescenza è una fase di vita impegnativa: chi l’attraversa si vede allontanare da ciò che era, senza sapere, però, dove stia andando. Intorno a lui si muovono diversi modelli di comportamento: il ragazzo può scegliere di aderire ad uno di questi ed entrare così in una personalità preconfezionata che non lo rappresenti autenticamente, ma che gli possa in compenso dare l’illusione di avere una forma più definita e una vita sociale più semplice. Alcuni scelgono lo stereotipo del bullo o della figura trasgressiva, altri, al contrario, quello dei ragazzi modello, convinti che questo li possa traghettare più velocemente possibile dall’infanzia all’adolescenza.

Infine ci sono ragazzi che invece si nascondono dietro stereotipi tutt’altro che gratificanti: quelli che li definiscono come persone senza grandi prospettive, destinati alla mediocrità. E’ una scelta paradossalmente confortante, perché permette di non scontrarsi con chi non vuole dare loro fiducia o con chi vuole approfittare della loro debolezza per sentirsi forte. Una scelta che accetta a priori il fallimento, per non sperimentarlo in modo più doloroso, tramite la delusione.

In queste situazioni il teatro può divenire un’occasione per condurre i ragazzi attraverso un percorso di sperimentazione delle proprie risorse e di presa di coscienza della forza insita in ognuno di loro, volto al recupero dell’autostima. Quando il ragazzo assapora l’ebrezza data dalla libera manifestazione del proprio essere, incoraggiato ad esprimere senza timore né giudizio le proprie potenzialità fisiche e vocali come le proprie emozioni, allora avrà voglia di riportare questa forza ritrovata nella vita reale, rimettendosi in gioco sia nella rete sociale che nel percorso scolastico.

Sono queste le idee pedagogiche che ci hanno guidato in alcune occasioni e ci hanno così portato a guidare ragazzi chiusi, timidi e introversi verso un’espressione forte delle proprie risorse, e a scrivere quindi copioni incentrati sull’immedesimazione nella debolezza e successivamente nella forza.

Il nostro obiettivo è liberare i ragazzi da qualunque laccio, che sia esso costituito dal disprezzo sperimentato su di sé nella carriera scolastica, in famiglia o nella rete sociale, o dall’adesione a stereotipi vissuti come rassicuranti. Un processo che parte dalla presa di coscienza delle maschere che siamo soliti indossare nella vita e termina con il coraggio di lasciarla cadere per assaggiare una vita più autentica.

Illustrazione realizzata da Felice Ferrara e Marco Ferrara per la locandina di un saggio